30 cose che ho imparato nei miei 30 anni.
Oggi compio 30 anni e queste sono alcune cose che ho imparato.
La salute è la cosa più importante e non è mai scontata.
Se ce l’hai, ti regala energie e il tempo per trasformarle in luce. Troppe volte diciamo “mangerò meglio/farò attività fisica quando ***”, posticipando a un momento di calma il prendersi cura di sé, come se avessimo tutto il tempo del mondo. Ma il tempo te lo da la salute.
E non ci sarà mai il momento di “calma” giusto. Bisogna imparare a non lasciarsi travolgere da ogni cosa e a ridimensionare, quando serve, che non è non riconoscere la propria emozione “negativa”, ma cercare di ritagliarne l’impatto che avrà sulla nostra giornata/vita. Abituarsi alla lungimiranza.
Le abitudini aiutano anche in questo. Ci sono abitudini e abitudini: alcune ti spengono o diventano limiti, ma altre possono farti prosperare. Crearsi uno stile di vita sano e giusto per noi è importante, perché ara il terreno su cui possiamo seminare. Per farlo, occorre tanta fatica e ne serve ancora di più per proteggerlo.
Anche per questo, conoscersi è essenziale o, meglio, mettersi nel cammino della propria conoscenza. Alcune volte, impari a farlo senza troppi scossoni: con la crescita e le sue esperienze. Altre volte, è una linea di demarcazione a obbligarti a farlo. Se sei fortunato, rispondi a questa scomodissima chiamata e ti immergi in te stess*. Nel mentre, è importante non smettere di farsi domande e non credere sempre alle risposte che ci si da da soli.
Se quando ti sei immerso in te stesso, non ne esci mai con qualcosa di te che non ti piace, che riconosci come “non funzionante”, che è un meccanismo che non ti aiuta e non aiuta, allora non ti sei immerso abbastanza. O, forse, non lo hai fatto con il giusto sguardo: facendoti tenerezza.
Conoscerti e proteggerti può significare anche dover recidere dei legami o ridimensionarli. Questo può riguardare anche l’ambito famigliare ed è uno strappo che non cesserà mai di tirare: aver assunto un posto a tavola, però, non vuol dire doverlo tenere per sempre.
Per quanto tu abbia sofferto, se non ti occupi del tuo dolore, in qualche modo investirà qualcun altro. Non è colpa tua, ma è una tua responsabilità. Potersi “occupare del proprio dolore” è una grande fortuna.
Le relazioni richiedono impegno, ma devono essere semplici. Dove la semplicità è nel sapere di poter sempre comunicare e essere visti e nel fare altrettanto.
Questo non vuol dire che non ferirai e non sarai ferit*, né che non ci saranno mai discussioni o che i tuoi tempi non saranno rispettati, ma che entrambe le parti, con un riallineamento costante, cercheranno sempre di combaciare.
Non c’è cosa più sottovalutata dell’intelligenza emotiva.
Ci sono diversi modi d’amare e non tutti amano allo stesso modo. A volte, non basta la comunicazione, perché, per quanto si dicano le stesse parole, la frequenza è diversa. Provaci con tutto te stess*, se vuoi, ma non fino a perderti. Spesso, si tratta di circondarsi di persone che sono mondi simili a noi. La vita è troppo breve, e a volte molto dura, per ostinarsi “a vuoto”: nessuno di noi è come il prezzemolo, che sta bene su tutto.
Tempismo e geografia, anche emotiva, possono fare funzionare/non fare funzionare una relazione di qualsiasi tipo.
Non c’è un modo giusto in cui ci si innamora, o un tempo, e ci si innamora per cose diverse. L’innamoramento ha a che fare con qualcosa di molto atavico in noi.
Comunque, l’amore in una relazione non basta. La serenità la fanno tante cose diverse. Non sottovalutarle mai, perché la loro mancanza corrode.
Semplificando molto e generalizzando, “come gli altri ti trattano è anche come consenti loro di trattarti”: verbalizzare è essenziale, perché non puoi aspettarti che le altre persone “ti leggano nel pensiero”, e viceversa.
L’importanza di dire cosa si pensa, cosa si prova, cosa si vuole. È inutile lasciare incolte le proprie possibilità e il proprio tempo. Le possibilità sono un dono: se puoi, indagale. Più lo farai, meno avrai paura la volta dopo, a esporti, a volere, a essere te stess*.
Quello che vuoi può non essere quello di cui hai bisogno e capire la differenza tra l’una e l’altra cosa è molto complicato; accettare che anche le cose che vogliamo di più possono non farci stare bene, anche.
Sbaglierai, sbaglierai, sbaglierai. Alcune cose, di te e del mondo, le capirai solo così. È meglio fare esperienze, che non farle: quel “buco bianco” può diventare un peso disorientante. Sbagliare non vuol dire essere una “cattiva persona”.
In ogni caso, il tuo scopo nel mondo non è quello di essere una figlia, sorella, madre, amica, ecc* perfetta. E comunque, non ci riusciresti. Cerca di essere il più trasparente possibile, con te stess* e con gli altri, e avrai già fatto qualcosa di importante.
Non focalizzarti solo sull’istruzione in senso stretto: per quanto importante e preziosa, è limitata. Impara a gestire il tuo tempo in modo da fare esperienza di te in più ambiti. Sapere perfettamente la Storia, ma non essersi mai domandati davvero cosa ci interessa, cosa ci muove, e come raggiungerlo, non ha molto senso.
Non dire mai “io non lo farei mai”: non lo puoi sapere.
La vita è imprevedibile; è normale crescere con dei “piani”, ma è importante capire che “non è colpa tua”, che tantissimi aspetti sono al di fuori del nostro controllo, o della nostra possibilità di cambiarli, almeno“subito”: anche tu muterai e non sarà facile, anzi, “abbandonare un tuo io per accoglierne un altro”. Nel bene e nel male, arriveranno tante onde: riconosci e costruisci la tua riva.Difficilmente, la vita da trentenne che immagini a 15 anni corrisponderà alla realtà. Spesso, tutto quello che hai “consumato” nel corso della tua crescita (dalla cultura a i video su instagram) ti porterà a pensare che c’è un solo modo corretto di vivere e capace di rendere felice. Devi convincerti che non è così.
Tra le cose più difficili nel crescere: abbandonare i “futuri morti”, togliere il velo dell’idealizzazione, capire che alcuni dei propri desideri infantili devono diventare adulti, rendersi conto che i propri genitori non sono perfetti e possono “non piacerti” per certi aspetti, così come tu a loro.
Non si è mai pronti a essere genitori dei propri genitori. Vedere i propri genitori invecchiare è un privilegio.
Siamo fatti di tante piccole famiglie. Ognuna di queste può salvarti in modo diverso.
Non ha senso apparecchiare la tavola per chi sai non verrà mai a cena.
Il corpo sa tutto (e non è mai troppo presto per investire in un buon cuscino per la cervicale).
Accadranno periodi in cui l’unica cosa che potrai fare è sopravvivere, persino in un modo randagio che non pensavi possibile: non vergognarti di quella persona, è per lei che sei qui.
Non puoi fare tutto e no, non sei “solo tu”.
Conserva la capacità di meravigliarti delle piccole cose e di esserne toccata. Quella di renderti conto dell’amore che ti circonda. Di fermarti, sul “qui e ora”.
Pensati sempre fiume, e non pietra, così da non credere mai di essere (de)finit*; chiedi aiuto se ne hai bisogno e sii grat*, senza però smettere di essere il tuo progetto; ma, soprattutto, anche quando il buio ti mastica e sembra non smettere più, sussurrati “coraggio” e non credere mai di non essere destinat* a cose belle, calde e luminose, perché no, non è così semplice, ma sì, tu sei già fatt* di tutte queste cose. Datti tempo e aiuto, “la speranza è un dolore che non si arrende” e la vita può accoglierti in tanti modi diversi.
Sensibilandia, di nome e di fatto.
Le parole sono il solo modo che conosco per srotolare i gomitoli che abitano le mie città invisibili: le leggo, le scrivo, le ascolto - e così, sempre, le “sento”.
Sono liquide. In movimento, sempre. Mai relegate a una carta stampata o a una voce. O a una email. Cambiano solo forma, prendendo perfettamente il posto che si trovano davanti, come l’acqua, come i gatti. E per quanto tu possa prevederle, programmarle, sono loro, in realtà, a chiamare te.
La magia è che, per ognuno, questa chiamata può dire qualcosa di diverso.
Vi affido queste parole e vi ringrazio tantissimo di avere scelto di leggerle; magari sosteranno un po’ in voi, o forse no, ma mi piace pensare che, in qualche modo, il loro viaggio continuerà. E, se pensate che possano “dire qualcosa a qualcuno”, sarei felice che le condivideste con quella persona.
Amo il contraddittorio, la dialettica e il “mantello della invisibilità” che ci da internet, spesso, e che ci permette di condividere di più, di aprirci di più e, così, di trovare persone con la nostra stessa sensibilità: se avete voglia di “inviarmi il vostro gufo”, rispondere, condividere qualsiasi cosa, dunque, mi trovate “qui” (o sui social).