Di in(d)izi.
Settembre.
Il caldo del sole estivo che sfuma dalla pelle, passare la lingua sulle labbra, come su una ferita, per sentire ancora la salsedine del mare, un’ultima volta, o per scacciarla, come un retrogusto che si vuole dimenticare.
L’onda lascia sulla riva un inizio.
Mi rivedo bambina, il primo giorno della scuola media, lo zaino più grande di me, come sempre, ancora rigido perché nuovo e quegli occhiali azzurro elettrico, un pò rotondi, che ricordo con gioia. In ultimo banco, con le punte delle scarpe che toccavano appena il pavimento.
L’insegnante ci chiese di fare un disegno che ci rappresentasse di modo, poi, da appenderlo sulla raffigurazione di un albero che occupava parte di una parete: era molto grande, con ampie radici e rami che si protendevano verso il soffitto.
Da bambina, ho sempre amato Monopoli e, quando giocavamo, sceglievo sempre come pedina il “funghetto”: il nome, il suo essere piccolo e quella punta di rosso, tutto di quella pedina mi richiamava la tenerezza e qualcosa da “proteggere” - e io volevo farlo, volevo prendermene cura.
Così, quel giorno, disegnai un funghetto e non perché pensassi mi rappresentasse, ma perché fu la prima cosa che mi venne in mente.
Una volta finito, l’insegnante raccolse i disegni e iniziò ad appenderli sui rami dell’albero, accanto alle poche foglie verdi che già li popolavano. Quando arrivò al mio, però, disse che, essendo un funghetto, sarebbe stato meglio sulle radici dell’albero e lo attaccò lì, ai suoi piedi, e fu il solo a non essere attaccato a uno dei rami.
Mi fa sorridere questa cosa, ogni volta che ci penso.
E, in fin dei conti, adesso, un pò in quel funghetto mi ci rivedo, nel suo guardare alle radici, nel suo sostarci e trovarci riparo, anche.
Ho sempre amato interrogarmi sui perché, guardare i rami e spostare lo sguardo a ritroso, sempre di più; anche con me, metto le mani nella terra, nel gomitolo di radici che mi abita, come se volessi trovarne l’inizio, come se questo fosse una risposta che facesse scattare quel “click” di cui sento il bisogno.
Cercare l’ “inizio”, a volte, può essere rassicurante, l’idea di riuscire a trovare il bandolo della matassa e così poter ripartire più “a posto” - la stessa sensazione del primo giorno di un mese, del lunedì di “inizio dieta” -, ma in realtà è la consapevolezza che si acquisisce in questa ricerca a fare la differenza e la vera sfida, forse, non è tanto il lasciarsi il passato alle spalle e crescere, ma il capire in quale direzione farsi ramo.
Settembre.
L’onda lascia sulla riva un indizio.
Sensibilandia, di nome e di fatto.
Le parole sono il solo modo che conosco per srotolare i gomitoli che abitano le mie città invisibili: le leggo, le scrivo, le ascolto - e così, sempre, le “sento”.
Sono liquide. In movimento, sempre. Mai relegate a una carta stampata o a una voce. O a una email. Cambiano solo forma, prendendo perfettamente il posto che si trovano davanti, come l’acqua, come i gatti. E per quanto tu possa prevederle, programmarle, sono loro, in realtà, a chiamare te.
La magia è che, per ognuno, questa chiamata può dire qualcosa di diverso.
Vi affido queste parole e vi ringrazio tantissimo di avere scelto di leggerle; magari sosteranno un pò in voi, o forse no, ma mi piace pensare che, in qualche modo, il loro viaggio continuerà. E, se pensate che possano “dire qualcosa a qualcuno”, sarei felice che le condivideste con quella persona.
Consiglio della settimana — “temi sensibili”: il documentario “Reversing Roe” (2018) sul diritto all’aborto negli USA; lo trovate su Netflix ed è un buon punto di partenza anche per comprendere meglio il dibattito sul “Senate Bill 8”, la legge al riguardo entrata in vigore il 1.09.2021 in Texas.
Se vi interessa, vi lascio qui il link del (mini)thread che ho scritto, dopo che mi sono informata.
Cose belle “da aspettare”: mostra di Claude Monet, dal 18 Settembre 2021 al 30 Gennaio 2022, a Palazzo Reale (Milano).
Se avete Twitter o Instagram, mi trovate anche lì come @sensibilandia.
Su Facebook ci sono le mie “Parole liquide”, ma spesso mi dimentico di dar loro “quella forma”, lo ammetto.
Amo il contraddittorio, la dialettica e il “mantello della invisibilità” che ci da internet, spesso, e che ci permette di condividere di più, di aprirci di più e, così, di trovare persone con la nostra stessa sensibilità: se avete voglia di “inviarmi il vostro gufo”, rispondere, condividere qualsiasi cosa, dunque, mi trovate “qui”.
Un abbraccio e buona domenica.