PERSUASIONE — Jane Austen.
(Cranford Collection, traduzione di Luciana Pozzi*; illustrazioni di Hugh Thomson e adattamento grafico e capolettera di Cristina Serrat)
persuasióne s. f. [dal lat. persuasio -onis, der. di persuadere «persuadere»]. – 1. a. Il persuadere, l’atto, il modo, il metodo del persuadere. b. Il persuadersi, l’essere persuaso, lo stato di chi è convinto della verità di qualche cosa. In filosofia, il concetto di «persuasione» è affine a quello di «certezza», dal quale tuttavia si distingue per una minore validità obiettiva: la certezza sarebbe piuttosto il convincimento della verità, mentre persuasione potrebbe essere anche il convincimento di idee opinabili.
Lessi Persuasione, la prima volta, a 17 anni e l'ho riletto di recente a quasi dieci anni di distanza. L'ho amato allora, come adesso. Come ogni volta che si rilegge un libro a distanza di anni, mi sono chiesta se fosse mutata, in qualche modo, la mia opinione sui protagonisti, la storia e così via.
E se dicessimo che è stata la persuasione del capitano Wentworth, errata, a tenerli davvero separati? Perché se è stata la persuasione su/di Anne a separarli quando erano giovani, è stata anche quella del capitano Wentworth a tenerli lontani.
Ricordo che la prima volta che lo lessi, avendo letto solo Orgoglio e Pregiudizio, fui molto contenta di vedere che, come protagonista, c'era una donna molto sensibile e mite, riflessiva e con un carattere diverso da quello di Elizabeth Bennet. Ad oggi, penso sì lo stesso, ma con sfumature diverse perché ritengo che Elizabeth e Anne abbiano entrambe una grande forza - che ora anche io, con riferimento alla seconda, riconosco come tale e non come semplice "tipo di carattere" o “forza nel soffrire” -, ma declinata in modi differenti - una forza diversa, una forza che può fare bene e ugualmente male.
Se alcuni, in Anne, possono vedere un carattere "debole", un personaggio noioso, magari, io vedo una donna con una risolutezza e costanza nei sentimenti che è forza e, nello stesso tempo, può essere anche condanna, come è stato quando, da giovane, ferma e votata ai principi della famiglia, ha scelto questi rispetto alla sua personale felicità. Non è forza anche questa? Con tutti i pro e contro che ci possono essere? Lo stesso Wentworth lo capisce, quando parla di distinguere ora, grazie a lei, la differenza tra la sventatezza e la risoluzione di una mente equilibrata; io vedo che in questo sta il punto, nel sapere trovare un equilibrio, lo stesso equilibrio che i due, da giovani, non hanno cercato: precludendo qualsiasi possibilità lei e persuadendosi lui della debolezza di carattere di Anne.
Più che essere stata persuasa, io penso che non sia stata incoraggiata, penso che abbia potuto vedere solo i lati difficili, i lati "sbagliati". La domanda che mi pongo è che cosa sarebbe accaduto se, una volta rincontrato, il capitano Wentworth fosse ancora stato "troppo poco" agli occhi degli altri per lei; penso, però, che non si sarebbe lasciata "persuadere" in quanto cresciuta e in quanto l'aprirsi al mondo le ha portato nuovi pensieri e valutazioni. E in quanto certo ha scontato, sulla sua pelle, un "contro" della sua risolutezza, anche eccessiva.
Persuasione è una lettura che diverte; Jane Austen ha uno stile ironico così sottile - pur affilato come una lama - che, ogni volta, puoi solo apprezzare di più e che rende la caratterizzazione dei personaggi funzionale ed immediata. Ed è lo stesso stile ironico che prende il titolo dell'opera e ti mostra come possa essere accostato a più situazioni, come non sia né bianco né nero e, allo stesso tempo, né qualcosa di giusto né di sbagliato: non è stata persuasa solo Anne, lo è stato anche Wentworth, per anni, nel suo orgoglio, persuaso che lei fosse una mente malleabile e con ciò sbagliando - è caduto nello stesso difetto che annotava all'amata, privandosi della felicità (avrebbe potuto, volendo, tornare da lei, un anno dopo, con i mezzi a disposizione: e se dicessimo che è stata la sua persuasione, errata, a tenerli separati?); i modi di Mr Elliot lasciavano persuasi tutti che fosse qualcuno che poi si è dimostrato non essere; Lady Russel, persuasa del fatto che Wentworth non avrebbe mai fatto carriera, si è dovuta ricredere.
Ho come sentito il divertimento dell'autrice nello scrivere e immaginare certe scene. Insegna, anche in questo libro, quanto siano assurde e sbagliate certe convinzioni e lo fa prendendoci in giro.
In particolare, ho potuto sentire il calore della famiglia Musgrove; il modo dell'autrice di descrivere le scene corali mi ha fatto sentire l'affetto e il senso di "casa" e di quotidianità autentica che Anne avverte in contrapposizione a quello che prova in presenza del padre e della sorella. Ho amato i Croft, la descrizione del loro rapporto.
Mi sarebbe piaciuto anche solo un capitolo in più, per vedere meglio la reazione del gruppo alla loro unione; sono certa, infatti, che Jane Austen l'avrebbe resa divertentissima.
La lettera del capitano Wentworth merita, ovviamente, un cenno perché penso che, al suo confronto, soprattutto per quanto riguarda l'incipit, nessuna lettera reggerebbe mai.
“Non posso più ascoltare in silenzio. Devo parlarvi con i mezzi che ho a disposizione. Mi straziate l'anima. Sono metà in agonia e metà pieno di speranza. Ditemi che non è troppo tardi, che quei preziosi sentimenti non sono svaniti per sempre. Mi offro di nuovo a voi con un cuore ancora più vostro di quando lo avete quasi spezzato la prima volta otto anni e mezzo fa. […]”
Amo questo libro e penso davvero che sia troppo sottovalutato e Anne non capita, o comunque fraintesa, e ciò solo perché ha una sensibilità - a cui unisce, e a suo discapito, una intelligenza fine - molto viva che la porta a domandarsi, a vedere, a sentire in sé stessa, e quindi a dovercene fare i conti, aspetti che magari gli altri ignorano. Certo, le risposte e le azioni di una persona dicono molto sul suo carattere, ma lo dicono anche le domande che questa si pone e certi caratteri si pongono, semplicemente, domande diverse.
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Rubrica “È meglio il libro” — Dal libro al film.
Di Persuasione vi sono tre trasposizioni cinematografiche: lo sceneggiato del 1971 della BBC, il film omonimo del 1995 diretto da Roger Michell (regista anche di Notting Hill) e il film-tv di ITV del 2007.
Ho visto gli ultimi due e, per quanto abbia preferito l’ultimo, nessuno ha catturato il mio cuore — come invece ha fatto totalmente l’ultima trasposizione cinematografica (2020) di Emma. Per questa ragione, aspetto con trepidazione i ben due nuovi adattamenti in programma: un film Netflix con Dakota Johnson nel ruolo di Anne e un film diretto da Mahalia Belo.
Per quanto possa essere (sempre) meglio il libro, spero che finalmente anche Persuasione abbia la veste cinematografica che si merita, nonché la notorietà.
“Consiglio della settimana” — nell’informarmi per uno stile di vita più sostenibile: questo articolo dove viene indicato come riciclare i fondi di caffè.
“Cose belle da aspettare”: l’uscita (il 7 ottobre) in Italia di “Anno bisestile” (già uscito a puntate nel 1988) di Peter Cameron, tradotto da Giuseppina Oneto* per Adelphi. Di Cameron mi sono innamorata con “Un giorno questo dolore ti sarà utile” e ho letto quindi, appena uscito, “Cosa che succedono la notte” che, invece, ho apprezzato di più come esperienza di scrittura che di lettura; in ogni caso, non riuscirò a resistere perché è un autore che mi attrae sempre, come una calamita. Al link, una intervista all’autore.
“I miei personaggi sono reali, non sono macchiette. Le nostre vite sono complicate, è difficile far quadrare tutto, mettere in piedi delle relazioni, costruire una carriera e una famiglia. E per le donne tutto ciò è ancor più complicato. Volevo raccontare proprio questa complessità.”
foto: @adelphiedizioni su Twitter
fotografia in copertina: Ernst Haas
* (mini)Riflessione: dei libri, leggo sempre, amandoli, le citazioni iniziali, i ringraziamenti e le dediche; da qualche anno, mi soffermo di più sul nome del traduttore/della traduttrice e li cito sempre, perché parlo anche del loro lavoro, un lavoro che è fondamentale, che ci consegna un regalo, che si fa ponte per quelle storie che amiamo, che ci fanno riflettere, da cui impariamo e che molte volte sono salvezza; un lavoro che molto spesso viene sottovalutato.
(Di) questo nostro settembre.
— Le lettere delle scorse settimane.
Di (in)consapevolezza (in)sostenibile — il “tema sensibile” del mese: sostenibilità ambientale.
Sensibilandia, di nome e di fatto.
Le parole sono il solo modo che conosco per srotolare i gomitoli che abitano le mie città invisibili: le leggo, le scrivo, le ascolto - e così, sempre, le “sento”.
Sono liquide. In movimento, sempre. Mai relegate a una carta stampata o a una voce. O a una email. Cambiano solo forma, prendendo perfettamente il posto che si trovano davanti, come l’acqua, come i gatti. E per quanto tu possa prevederle, programmarle, sono loro, in realtà, a chiamare te.
La magia è che, per ognuno, questa chiamata può dire qualcosa di diverso.
Vi affido queste parole e vi ringrazio tantissimo di avere scelto di leggerle; magari sosteranno un pò in voi, o forse no, ma mi piace pensare che, in qualche modo, il loro viaggio continuerà. E, se pensate che possano “dire qualcosa a qualcuno”, sarei felice che le condivideste con quella persona.
Amo il contraddittorio, la dialettica e il “mantello della invisibilità” che ci da internet, spesso, e che ci permette di condividere di più, di aprirci di più e, così, di trovare persone con la nostra stessa sensibilità: se avete voglia di “inviarmi il vostro gufo”, rispondere, condividere qualsiasi cosa, dunque, mi trovate “qui” (o sui social).
Un abbraccio, come sempre, e buona domenica.